La prima "Osteria ciclabile" del
Ode alla bicicletta
Nel silenzio delle notti o nel vociar del giorno, i nostri vecchi erano pronti a giurarlo:
c'era un altro profumo nell'aria. Profumo di fatica e di tabacco, profumo di animali e dignità. Le strade si animavano di gente viva, sferzate da un vento vergine che non conosceva ancora macchine, fumo e "progresso".
Ma soprattutto, regale e filante, c'era Lei. Ci parla di un tempo più lento, meno sfuggente, più umano.
Lei che per secoli ha azzerato le distanze, anche culturali, tra gli uomini. Lei che non è solo velocità, ma emozioni, ricordi, poesia.
Quanto l'abbiamo desiderata, nell'inquietudine della nostra giovinezza! Come era vicino il resto del Mondo, e come ci sentivamo alti, in piedi sui pedali!
Questi tempi confusi le hanno tolto il primato della velocità, ma non l'anima. Ci muoviamo più velocemente, certo; e con meno fatica. Ma cosa ne facciamo del tempo in avanzo? Come impieghiamo le energie risparmiate? Quanto tempo e quanta forza occorrono per restare Esseri Umani?
È come una preghiera affidata ad un bambino, Lei sopravvive a tutto.
Lei resiste.
E anzi, sembra volersi riappropriare del suo ruolo, della sua piacevolezza, della sua praticità. Chiede di essere riscoperta, chiede che gli uomini, attraverso di Lei, ritrovino se stessi.
Piccola, minuta, muta: ci offre ancora una fermata per un sogno.
Guardate dove siete, il locale che vi ospita, la strada che qui conduce: è un luogo che nasconde l'anima della bicicletta, poiché è qui che gli uomini di ieri la costruivano, la curavano, le affidavano segreti e storie d'amore clandestine.
Noi le abbiamo dedicato questo rifugio.
Voi dedicatele i prossimi giorni della vostra vita.
Saranno i più belli.
Ventidue Undici
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